Neandertaliani, uomini come noi

lo Sciamano Nel 1884 Stefano De Stefani, pioniere della ricerca preistorica veronese, scriveva in “Notizie degli scavi di antichità” (Accademia del Lincei, 1887): "sulla strada cosiddetta nuova, che da Fumane conduce a Molina, avevamo osservato una frana di detriti di rocce dolomitiche, che conteneva buona quantità di ossa di bruti e di selce scheggiate”. Il luogo è la Grotta di Fumane (Verona) all'interno del Parco Naturale Regionale della Lessinia. Nel 1964 l'archeologo veronese Giovanni Solinas veronese, sollecitò l’intervento del Museo di Storia Naturale di Verona a tutela dei reperti, ossa e selci, affiorati copiosamente durante lavori di manutenzione stradale. Seguì una prima esplorazione da parte degli archeologi Angelo Pasa e di Franco Mezzena.
Un nuovo intervento del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, nel 1982, permise a Mauro Cremaschi dell’Università di Milano di esaminare parte della successione stratigrafica dei depositi esposti dagli scavi abusivi. Contemporaneamente l'archeologo Augusto Sartorelli descrisse i numerosi manufatti in selce rinvenuti da Pasa negli anni precedenti. In tempi più recenti (1984) l'archeologo Alberto Broglio rileva la presenza di manufatti aurignaziani (39-34.000 - 26-21.000 anni fa circa) e la diffusione dei manufatti in osso tra i materiali di risulta degli scavi clandestini e nel 1988 l’avvio delle ricerche scientifiche che da quel momento in poi si effettuano regolarmente in convenzione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto.
Questo importante sito archeologico, precedentemente noto con il nome di "Riparo Solinas" e oggi conosciuto come Grotta di Fumane, rivelò l’esistenza di un groviglio di cavità quasi del tutto riempite dei detriti di un corpo di frana, rimosso in vari momenti dopo il 1995. Sotto questi detriti affiorano i resti degli abitati dei gruppi di cacciatori neandertaliani e dei primi Sapiens, tutti in ottimo stato di conservazione.
La prima fase di queste indagini rivelò quindi l’esistenza di un sito di notevole importanza, che necessita di studi complessi, da intraprendere attraverso la collaborazione tra ricercatori e specialisti di diversa formazione, in grado di costruire il quadro unitario e multiaspettuale delle relazioni tra l’uomo, l’ambiente e le sue risorse.
Grazie all'intervento di recupero sostenuto dalla Fondazione Cariverona, dal 2005 la Grotta è accessibile ai visitatori del Parco della Lessinia attraverso un suggestivo percorso che permette di osservare la morfologia del sistema carsico, esaminare le sezioni stratigrafiche, apprezzare lo stato di conservazione degli abitati Paleolitici ripercorrendo i passi dei Neandertaliani e dei primi uomini moderni che frequentavano queste colline.
Gli scavi scientifici alla Grotta di Fumane consentono la scoperta dei modi di vita, delle tecnologie, delle relazioni con l’ambiente e delle modalità abitative degli uomini che qui hanno vissuto; documentano i tempi che hanno visto la scomparsa dell’Uomo di Neandertal (qui tra circa 90.000 e 40.000 anni fa) e la diffusione dell’Uomo moderno.
Circa 20 anni fa vennero rinvenuti numerosi frammenti con tracce di colorazione ottenuta con ocra. Cinque frammenti di maggiori dimensioni presentano motivi definiti e leggibili, anche se non tutti interpretabili. Due di questi sembrano proporre una figura antropomorfa, comunemente chiamata “Sciamano” per le valenze simboliche che sembra richiamare, ed una figura di animale, forse un mustelide. In tempi preistorici alcune pietre dipinte si staccarono dalla volta e dalle pareti della grotta e sono state rinvenute nei livelli abitati dai primi Sapiens e datate a circa 40.000 anni fa. Attualmente si tratta delle più antiche produzioni pittoriche conosciute.
Alcune delle pietre dipinte con ocra ed altri materiali archeologici che raccontano la vita preistorica a Grotta di Fumane e sui Monti Lessini, sono visibili presso il Museo Paleontologico e Preistorico di Sant’Anna d’Alfaedo (VR).
Una successiva scoperta di ossa in ottimo stato di conservazione risale al 2009, poi le ricerche su 660 penne dei grandi rapaci (avvoltoio, aquila, falco, cuculo) rinvenute nel sito hanno portato alla formulazione di una nuova ipotesi nella lunga storia del genere Homo.
I reperti provenienti da uno strato risalente a 44 mila anni dell’Uomo di Neanderthal e degli uccelli, dimostrerebbero che gli Homo neanderthalensis si servivano delle ali e delle penne più spettacolari a scopo ornamentale. Insomma, il Neanderthal non era così diverso come solitamente lo si dipinge. La ricerca dell'università di Ferrara permette di retrodatare di alcune decine di migliaia d'anni l'introduzione degli ornamenti a fini simbolici, nella storia evolutiva umana, e rafforza precedenti ipotesi che suggerivano l'uso di coloranti minerali da parte di Homo neanderthalensis per dipingere il corpo, attività sinora considerata appannaggio di società più complesse, riconducibili esclusivamente agli Homo sapiens.
Il possesso, da parte dei neandertaliani, delle capacità di espressione simbolica, ha alimentato un acceso dibattito nella comunità scientifica archeologica e antropologica. Appare nettamente più verosimile pensare ai Neanderthal come uomini con comportamenti astratti molto simili a quelli dei sapiens.

neandrthal Una scoperta scientifica che coinvolge la comunità locale: dalle iniziative divulgative all'organizzazione di visite nei luoghi dei ritrovamenti, dalle attività di ricerca alla diffusione dei risultati. Non capita spesso. L'iniziativa è dell’Università di Ferrara, della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, della Regione del Veneto (Dipartimento Cultura), della Comunità Montana della Lessinia (Parco Naturale Regionale della Lessinia), del Comune di Fumane, del Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini, La presentazione ufficiale dei risultati dello studio si terrà il 2 marzo nella Sala Olimpica del Teatro Vittoria a Bosco Chiesanuova (Vr). Il gruppo di ricerca dell'università di Ferrara è guidato dall'archeologo Marco Peresani, Dipartimento di biologia ed evoluzione dell'università di Ferrara (sezione di paleobiologia, preistoria e antropologia, del coadiuvato da Marco Romandini, dottorando e ricercatore archeozoologo dello stesso ateneo, da Antonio Tagliacozzo direttore della sezione di paleontologia del Quaternario e archeozoologia del Museo nazionale preistorico etnografico «Pigorini» di Roma con le sue collaboratrici Ivana Fiore e Monica Gala.

Solinas Giovanni Solinas all'opera nella Grotta di Fumane.

Late Neandertals and the intentional removal of feathers as evidenced from bird bone taphonomy at Fumane Cave 44 ky B.P., Italy Marco Peresani et al, Proceedings of the National Academy of Sciences, Published online before print February 22, 2011.

Abstract
A large and varied avifaunal bone assemblage from the final Mousterian levels of Grotta di Fumane, northern Italy, reveals unusual human modifications on species that are not clearly relatable to feeding or utilitarian uses (i.e., lammergeier, Eurasian black vulture, golden eagle, red-footed falcon, common wood pigeon, and Alpine chough). Cut, peeling, and scrape marks, as well as diagnostic fractures and a breakthrough, are observed exclusively on wings, indicating the intentional removal of large feathers by Neandertals. The species involved, the anatomical elements affected, and the unusual type and location of the human modifications indicate an activity linked to the symbolic sphere and the behavioral modernity of this European autochthonous population.

Andrea Mameli linguaggiomacchina.it 23 febbraio 2011

Commenti

Post popolari in questo blog

Ogni cosa è collegata: Gabriella Greison a Sant'Antioco il 24 giugno (e non è un caso)

La tavoletta di Dispilio. Quel testo del 5260 a.C. che attende di essere decifrato

Solar system genealogy revealed by extinct short-lived radionuclides in meteorites. Astronomy & Astrophysics, Volume 545, September 2012.