Rembrandt e Facebook hanno qualcosa in comune? Dall'arte del ritratto al sapersi ritrarre con arte.

Rembrandt Harmenszoon van Rijn Secondo Larry Friedlander, professor emeritus a Stanford, l'affinità esiste e risiede nella caratteristica fondamentale incarnata dal pittore olandese e dal social network: la capacità di intendere il ritratto come qualcosa di più della rappresentazione di un soggetto. Un simulacro dell'identità personale che si allarga a invadere la dimensione sociale, che si tratti di quadri o di profili fb.
Friedlander l'ha descritta in un articolo dal titolo "Friending the Virgin: some thoughts on the pre-history of Facebook". Lo studio, pubblicato dalla rivista dell'editore Sage di scienze sociali e umanistiche in peer review SAGE Open, mette in luce le complesse dinamiche di negoziazione e di sintesi che l'artista olandese doveva esercitare quando dipingeva i suoi più celebri lavori e, analogamente, le scelte che la gente compie quando seleziona immagini, quando esprime gradimento, quando commenta e quando tratteggia descrizioni per rappresentare se stessa e le proprie opinioni su Facebook.
Secondo Friedlander se oggi l'arte del saperci descrivere, multimedialmente parlando, è così raffinata (e popolare, aggiungo io) lo dobbiamo alla lunga evoluzione della cultura visiva. Un percorso evolutivo che affonda le radici nell'opera dell'artista anche più di ogni altro seppe rappresentarsi con un elevato numero di autoritratti. E proprio Rembrandt, paradossalmente, proprio in virtù di questo alto numero, non ci permette di conoscere il suo vero volto. Senza contare che l'autoritratto più celebre, quello degli Uffizi, non sarebbe autentico. Forse in questo l'artista olandese si avvicina ancor di più al social network.
Andrea Mameli www.linguaggiomacchina.it 5 agosto 2011
P.S. Aggiungo un link a una risorsa straordinaria, appena scoperta: Rembrandt Harmensz. van Rijn page (Cagliari, 2 aprile 2017)

Abstract
This article looks at how previous practice of portraiture prepared the way for self-presentation on social networking sites. A portrait is not simply an exercise in the skillful or “realistic” depiction of a subject. Rather, it is a rhetorical exercise in visual description and persuasion and a site of intricate communicative processes. A long evolution of visual culture, intimately intertwined with evolving notions of identity and society, was necessary to create the conditions for the particular forms of self-representation we encounter on Facebook. Many of these premodern strategies prefigure ones we encounter on Facebook. By delineating the ways current practices reflect earlier ones, we can set a baseline from which we can isolate the precise novelty of current practice in social networking sites.

L’autoritratto come specchio di sé
Quel non luogo che è facebook, un walled garden, come è stato definito, un’agora virtuale dove intessere relazioni di vario genere e spesso incrociare vite, offre interessantissimi spunti di riflessione su una moltitudine di argomenti, uno dei quali è certamente il modo attraverso cui ogni persona decide di celebrare se stessa, le modalità che si scelgono per presentarsi verso l’esterno, che già contengono moltissimi elementi di come si è e di come si vuole che gli altri ci percepiscano. L’immagine che si sceglie per la propria pagina di facebook è già un indizio interessante dell’io: la maggior parte delle persone sceglie di solito fotografie in cui si è sorridenti, accattivanti, magari realizzate durante viaggi in luoghi pittoreschi o lontani, altri si raffigurano in momenti della loro giornata professionale, magari con un camice addosso se medici, o presa dal palcoscenico se si è attori, o mentre si parla ad una conferenza (e questo è abbastanza frequente per gli uomini), altri ancora danno di sé un’immagine volutamente non banale, bizzarra o seria, distaccata, o magari elaborando la fotografia con colori o con effetti grafici, alcuni optano per un’allusiva immagine di un animale nel quale si identificano, più o meno consciamente, altri ancora scelgono una rassicurante fotografia accanto al coniuge oppure abbracciati a un figlio, c’è poi chi, narcisisticamente, si raffigura sulla spiaggia, fiero della muscolatura accresciuta in estenuanti ore in palestra.(...)
di Roberta Bernabei

Rembrandt Self-Portraits
No artist has left a loftier or more penetrating personal testament than Rembrandt van Rijn. In more than 90 portraits of himself that date from the outset of his career in the 1620s to the year of his death in 1669, he created an autobiography in art that is the equal of the finest ever produced in literature even of the intimately analytical Confessions of St. Augustine.
By Susan Fegley Osmond



Artist Rembrandt Harmensz Van-Rijn

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