"Comunicare la complessità non riduce la libertà". Ferruccio De Bortoli alla Sissa di Trieste

Trieste, 28 Giugno 2013. Oggi, nell'aula magna della Sissa, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli ha ricevuto il Master in Comunucazione della scienza honoris causa.
Il suo discorso di ringraziamento ha portato numerosi spunti di riflessione. Ho preso nota delle sue parole. Le riporto qui di seguito senza commenti. Aggiungo solo che il nostro ruolo di comunicatori della scienza è molto delicato proprio per via di questo principIo d'indeterminazione: se cerchi di semplificare troppo rischi di allontanarti pericolosamente dalla descrizione corretta e se sei troppo accurato rischi di non farti capire da tutti. Una bella sfida. De Bortoli ci esorta a non demordere E lo fa con il suo stile.

"Oggi abbiamo pubblicato l'opinione di una scrittrice sugli ogm. Non condivido questa posizione ma la libertà di espressione per gli scrittori secondo me è sacra.
Io faccio il giornalista da 40 anni. E in questo lasso di tempo i cambianenti incorsi nelle tecnologie che riguardano il mio lavoro sono stati enormi.
Cosa è cambiato? Noi qualche volta abbiamo trascurato l'accuratezza per la rapidità. In questa comunicazione digitale la tempestività ha fatto premio sull'accuratezza. E l'esigenza di arrivare primi va a discapito della qualità.
L'informazione, anche quella scientifica, può essere consegnata al pubblico da molte più fonti di prima. La propagazione di false credenze, bufale, complotti ha avuto una diffusione enorme con i social network. Anche il negazionismo ha tratto notevoli vantaggi da questi strumenti.
Essendo noi testimoni diretti pensiamo di aver capito tutto e di non aver bisogno dell'intermediario giornalistico.
Non ho mai visto tante forme di neo-oscurantismo come oggi. C'è una forma di antimodernismo che nuoce anche all'impresa. E che si muove anche contro la scienza.
Questo Paese ha paura del futuro. È una forma di depressione culturale che ha portato anche a investire meno nella ricerca. Siamo diventati tutti un pochino più egoisti, più individualisti. In una opportuna sede come questa una valutazione come questa non va trascurata. Chi lavora nella comunicazione scientifica deve interrogarsi su questo e sul fatto che la crescita si accompagna indubbiamente alla crescita del rischio.
Io penso che il giornalismo debba essere scomodo e stimolare la classe dirigente.
Nel 1962 ci fu una lunga inchiesta del Corriere sullo stato della scienza. L'ultima intervista fu fatta a Giulio Natta, Nobel per la Chimica nel 1963. Quello fu l'inizio. Poi il Corriere fu il primo ad avere una pagina fissa a scienza. Ora non abbiamo più una pagina dedicata e l'informazione scientifica si allarga a tutte le sezioni del giornale.
L'esperienza della pagina scientifica è un'eredità importante. E dobbiamo stare attenti a tutto quello che scriviamo, del resto ci sono lettori che ci segnalano errori e imprecisioni.
È ovvio che abbiamo il dovere di essere precisi ma anche di essere divulgativi.
Il cronista non può far finta che non esistano delle scuole di pensiero sui diversi approcci terapeutici. C'è qualcosa di non razionale, dove entra in crisi la salute si manifesta la disperazione e ci si aggrappa a tutto.
La cosa assurda è che si formano addirittura schieramenti parlamentari.
Nel caso Stamina lo si è visto in maniera esemplare.
Noi abbiamo cercato di dare la massima informazione con la nassima serietà.
Il nostro compito divulgativo non deve portare all'eccessiva semplificazione.
Il rischio è che tutto possa essere semplificato eccessivamente.
C'è poi un altro fatto di cui tener conto nel comunicare la scienza: a volte sembra che se uno tenta di rendere conto della complessità si ponga contro la libertà dell'individuo e questo non ha senso."

Andrea Mameli www.linguaggiomacchina.it 29 Giungo 2013

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