Il Muse ispiratore e le muse ispiratrici


Non ci vuole molto a capire che il Muse, inaugurato a Trento poche ore fa, potrà diventare un modello: di politiche del territorio illuminate, di collaborazione tra università e centri di ricerca, di sapiente coinvolgimento di finanziatori pubblici e privati, di dedizione a un progetto di altissimo livello, di paziente attesa (10 anni), di utilizzo di metodi e strumenti innovativi per la comunicazione della scienza, di progettazione condivisa tra architetti, ricercatori e comunicatori.
Muse come ispiratore di un nuovo modo di (ri)pensare la città? Di nuove iniziative di comunicazione della scienza? Di approccio alla cultura accessibile e non elitario? Forse.
Di sicuro il Muse non è un giocattolo per pochi ma ha le carte in regola per incidere, e non poco, a livello educativo e conoscitivo, nonché di ricerca.
Ho apprezzato molto il modo (davvero poco politichese) in cui è stata presentata la narrazione su quello che c'è dietro il progetto del Muse. Chi ha parlato (prima in conferenza stampa e poi pubblicamente) ha sottoloneato la profondità e per molti versi l'originalità del pensiero su cui il Muse è fondato. Un pensiero nutrito e fortificato in 10 anni di faticoso e paziente lavoro: convincere politici, amministratori e investitori privati della bontà del progetto, organizzare un gruppo di lavoro di alto livello, saper lavorare in gruppo valorizzando le competenze presenti in loco e acquistando il prezioso servizio di altre, sapersi porre dei limiti (di spese, di tempi e perché no anche di impatto ambientale), sapersi aprire a nuove idee (il Muse Fablab, che descriverò in un prossimo post, è un esempio lampante).
Ma il successo del Muse (non conosco i numeri esatti ma ai miei occhi il fiume di persone che facevano la fila per entrare e l'affollamento di giornalisti in occasione della conferenza stampa rappresentano un duplice indicatore successo) ha un motivo molto preciso, riconducibile a due bisogni: di sapere e di emozionarci nel corso delle manovre di avvicinamento a quel sapere.
E, com'è stato sottolineato durante l'inaugurazione del Muse, questi due bisogni, anzi per meglio dire la loro unione (in Italia) hanno avuto due muse ispiratrici: Rita Levi Montalcini e Margherita Hack. Non solo loro, certo, ma il loro contributo (talvolta inconscio) a questo processo è stato, a mio parere, notevole.

Andrea Mameli blog Linguaggio Macchina 28 Luglio 2013

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