Posso dire "ci vediamo dopo" a un nonvedente?
Il manuale dell'associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana “Non così ma così": suggerimenti pratici per un corretto comportamento con persone cieche e ipovedenti lo spiega molto bene: salutare un nonvedente con "arrivederci" o "ci vediamo dopo" non è affatto inappropriato.
Ieri sera grazie all'incontro "Guardare con altri occhi. Dialogo sulla disabilità visiva tra integrazione e pregiudizio" organizzato dalla comunità La Collina di Serdiana ho scoperto che per i nonvedenti il verbo vedere non è un problema.
Il vero problema è l'eccesso di scrupoli che si può manifestare nei vedenti e che può alimentare pregiudizi e ipocrisie.
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 6 Marzo 2014
Ieri sera grazie all'incontro "Guardare con altri occhi. Dialogo sulla disabilità visiva tra integrazione e pregiudizio" organizzato dalla comunità La Collina di Serdiana ho scoperto che per i nonvedenti il verbo vedere non è un problema.
Il vero problema è l'eccesso di scrupoli che si può manifestare nei vedenti e che può alimentare pregiudizi e ipocrisie.
Il mondo di Francesca Marrosu, nonvedente da 11 anni, a un certo punto è
cambiato radicalmente. «Tra le ultime immagini che ho potuto vedere
ricordo chiaramente il sorriso di mia figlia, che allora aveva 4 anni, e il
crollo delle Torri Gemelle. Avevo un lavoro stupendo, ero maestra di scuola materna, e poi dipingevo,
cantavo, facevo la mamma. Poi è crollato tutto: ho incontrato enormi difficoltà, ho subito pregiudizi di ogni tipo, mi sono scontrata con l'ignoranza e la
non conoscenza. Ma ho scelto di non arrendermi: sono rivolta all'unione italiana ciechi, poi ho incontrato Paolo Mura (docente all'Istituto dei Ciechi di Cagliari) e
Salvatore Bandinu (istruttore IRIFOR,
istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione,
idrochinesiologo). Grazie al primo ho imparato a usare il computer e con il secondo ho ricominciato
a nuotare. Poi ho potuto realizzare il mio sogno nel cassetto: mi sono
iscritta all'università e mi sono laureata a
pieni voti».
Andrea Ferrero ha scoperto i suoi problemi alla vista a 28 anni e nel 2009 ha
avuto il più grande momento di crisi quando si è accorto di non poter
lavorare senza ausili. «Con l'aiuto di
Paolo Mura ho iniziato a lavorare con il computer in modo nuovo e, grazie alla sensibilità di Elisabetta Falqui, ho trovato una collocazione adeguata nell'azienda nella quale lavoro, il CRS4. Poi grazie a Salvatore Bandinu ho iniziato a frequentare la piscina e ora vorrei prendere il brevetto di immersioni. Viviamo nella società dell'immagine e chi ha una disabilità visiva è tagliato fuori, ma anche non vedendo la bellezza del mondo può essere percepita. Mi infastidisce il clima di caccia alle streghe che a volte si crea, a livello mediatico, per colpa di impostori che si spacciano per nonvedenti senza esserlo, danneggiando chi cieco lo è davvero».
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 6 Marzo 2014
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